Enkaku chiryo nel Reiki giapponese tradizionale
Nel linguaggio tecnico del Reiki tradizionale giapponese, il termine enkaku chiryo si riferisce al trattamento terapeutico a distanza, ovvero a quella forma di pratica in cui non è necessario che la persona ricevente sia fisicamente presente accanto al praticante. Tuttavia, parlare di Reiki a distanza rischia spesso di evocare immagini fantasiose, credenze automatiche o retoriche spiritualiste che mal si accordano con la complessità e la sobrietà della disciplina così come trasmessa nel metodo Usui Reiki Ryōhō.
Nel nostro percorso formativo, il trattamento a distanza è affrontato in modo rigoroso e contestualizzato: non si tratta di inviare energia “magicamente” a qualcuno, ma di predisporre un gesto consapevole, situato e meditativo, all’interno di una relazione, seppur simbolica, tra due esseri umani.
Cos’è davvero il Reiki a distanza?
Non un’alternativa, ma una possibilità circoscritta e relazionale
Enkaku chiryo non rappresenta una sostituzione ai trattamenti in presenza, né un’opzione preferibile “a prescindere”. Nella visione proposta dalla nostra scuola, e coerente con la pedagogia giapponese ricevuta, il trattamento con contatto fisico resta uno spazio essenziale della relazione terapeutica, anche per la funzione comunicativa e incarnata che il tocco svolge.
Il Reiki a distanza diventa una possibilità valida quando la presenza fisica non è praticabile per motivi concreti: la lontananza geografica, un ricovero, la necessità di isolamento o, in alcuni casi, una difficoltà psicofisica a muoversi. È in questi casi che il praticante, avvalendosi del terzo shirushi (本者是正念, honja ze shōnen), apre simbolicamente uno spazio di connessione attraverso la pratica meditativa e la focalizzazione intenzionale.
Tuttavia, la distanza non è mai neutralizzata: viene riconosciuta, rispettata e attraversata tramite una disposizione mentale di presenza, nella quale il praticante si rende disponibile a offrire la propria attenzione piena e non giudicante.
Come si svolge un trattamento Reiki a distanza
Struttura, convenzioni simboliche e responsabilità del gesto
Un trattamento Reiki a distanza conserva, nella sua struttura, gli stessi principi di un trattamento in presenza. Non si tratta di “adattare” il Reiki alla distanza, ma di praticarlo pienamente anche in assenza di contatto. Per questo motivo, viene fissato un appuntamento, si richiede la disponibilità attiva del ricevente (rilassarsi, sdraiarsi, chiudere gli occhi) e si scelgono le tecniche da applicare secondo un piano terapeutico personalizzato.
Il praticante, a sua volta, utilizza una convenzione simbolica: può trattarsi del proprio corpo (eseguendo su di sé il trattamento), di un cuscino o di un oggetto simbolico, o di una visualizzazione. Questo passaggio non è un’illusione, ma una modalità simbolica consapevole, che consente alla pratica di operare dentro uno spazio condiviso, sebbene non fisico.
In questo contesto, le tecniche apprese al secondo livello (come il trattamento mentale per le paure o per i blocchi emozionali) possono essere applicate integralmente. Anche tecniche come zenshin kekko possono essere adattate simbolicamente. La qualità della pratica dipende non da dove si trova il corpo del ricevente, ma dalla capacità del praticante di mantenere attenzione piena, radicamento nel tanden e chiarezza d’intento.
Perché il Reiki a distanza non è “invio di energia”
Superare i linguaggi automatici e riappropriarsi della profondità del gesto
Nel nostro approccio, evitiamo di parlare di “invio di energia”, formula che rischia di ridurre il gesto terapeutico a un atto meccanico, impersonale o unilaterale. Il Reiki non è un flusso che si sposta da un punto A a un punto B come una corrente elettrica. È, piuttosto, una pratica relazionale di attenzione e ascolto, nella quale l’energia si manifesta come risonanza tra il corpo del praticante e quello, presente o simbolico, della persona trattata.
Non esiste quindi un “potere” da esercitare sull’altro, ma una possibilità di accordo: un incontro silenzioso, meditativo, che si realizza nello spazio della relazione, anche se questa relazione avviene nella forma simbolica del rito a distanza. Questo implica anche una postura etica precisa: non si pratica Reiki a distanza senza consenso, né si agisce su una persona senza averne prima condiviso l’intenzione e gli obiettivi.
Trattamenti collettivi e forme brevi di Reiki a distanza
Quando la relazione è collettiva, generica o simbolica
In alcuni casi – come accade nel gruppo di aiuto Reiki della nostra scuola – si sceglie di offrire un breve trattamento a distanza a una persona sconosciuta, o in risposta a una richiesta non mediata da relazione diretta. In questi contesti, il trattamento perde la sua strutturazione terapeutica individuale, ma mantiene una forma simbolica e collettiva di cura, resa efficace dalla presenza di più praticanti.
Queste sessioni durano pochi minuti (5–10) e si configurano come gesti di prossimità meditativa, senza pretese di trasformazione o di guarigione. Sono offerte come presenza etica, come possibilità di vicinanza in assenza di parola, in un tempo che non chiede nulla in cambio.
Reiki a distanza su sé stessi
Un uso consapevole per superare i limiti dell’auto-trattamento
Enkaku chiryo può essere utilizzato anche su sé stessi, come alternativa simbolica a quelle tecniche che risultano difficili da eseguire in auto-trattamento (come uchite chiryo ho sulla schiena o zenshin kekko sulla colonna vertebrale). In questo caso, il praticante agisce su un oggetto rappresentativo (un cuscino, una visualizzazione), dichiarando l’intenzione di trattare sé stesso e applicando le tecniche necessarie.
Questa modalità richiede la stessa presenza, la stessa preparazione e lo stesso rispetto che caratterizzano ogni trattamento Reiki: la distanza non riduce l’efficacia, ma ci chiede di affinarci nella qualità del gesto.
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