Lo shūkyō e la religione in Giappone: tradizione, modernità e pluralismo spirituale

Federico ScottiRisorse ReikiLascia un commento

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Introduzione

Il concetto di religione in Giappone, rappresentato dal termine shūkyō (宗教), incarna una complessità unica che riflette le molteplici trasformazioni culturali, politiche e sociali del Paese. Nato come traduzione del termine occidentale “religion” durante la modernizzazione del periodo Meiji, lo shūkyō non si limita a una semplice categoria teologica o istituzionale. La sua storia e il suo significato moderno illustrano un processo continuo di negoziazione tra influenze esterne e tradizioni indigene, rendendo il Giappone un caso di studio emblematico per comprendere il pluralismo spirituale in un contesto globalizzato.

Origini e trasformazioni nel periodo Meiji

Il termine shūkyō ha radici nei testi buddisti cinesi, dove indicava pratiche religiose e credenze diversificate. Tuttavia, la sua diffusione in Giappone coincide con la Restaurazione Meiji (1868-1912), un periodo in cui il governo giapponese si impegnò a ridefinire i concetti religiosi secondo i modelli occidentali. Questo processo avvenne in parallelo a una modernizzazione rapida e spesso forzata, che portò il Giappone a ristrutturare le sue istituzioni religiose per adattarsi ai paradigmi globali del tempo. Come osserva Isomae (2012), la categorizzazione delle religioni fu profondamente influenzata dall’ideologia occidentale, con un’enfasi sulla fede individuale e sulle strutture istituzionali. Durante questo periodo, lo Shinto fu istituzionalizzato come religione di Stato, in parte per rafforzare un’identità nazionale coerente e distinta. La fusione tra Stato e religione attraverso lo Shinto di Stato non solo marginalizzò altre pratiche, ma creò una dicotomia tra la religione ufficiale e le credenze popolari, portando a conflitti e tensioni che avrebbero influenzato le generazioni successive (Mullins, 2012; Pye, 2003).

Il pluralismo religioso nel Giappone contemporaneo

Nel Giappone moderno, il panorama religioso è contraddistinto da una combinazione unica di sincretismo e secolarismo. Sebbene molte persone si definiscano mushūkyō (non religiose), partecipano regolarmente a rituali buddisti e shintoisti, in particolare durante eventi significativi della vita come matrimoni e funerali. Questo approccio culturale alla religione, che privilegia il rituale rispetto alla dottrina, riflette un’identità religiosa fluida, spesso più orientata al contesto sociale e culturale che a un’adesione rigida a credenze specifiche (Kavanagh & Jong, 2020). Parallelamente, la globalizzazione e la diffusione dei nuovi movimenti religiosi hanno ampliato il ventaglio delle pratiche spirituali. Elementi di tradizioni occidentali, come il Cristianesimo, si sono intrecciati con le tradizioni locali, creando un tessuto spirituale che rispecchia sia la continuità storica sia l’innovazione (Tao, 2024). Questo sincretismo testimonia un processo di individualizzazione della religiosità, in cui gli individui scelgono liberamente elementi da diverse tradizioni per costruire sistemi di credenze personali.

Religione e identità nazionale

Uno degli esempi più emblematici dell’intersezione tra religione e identità nazionale in Giappone è rappresentato dal Santuario Yasukuni. Questo luogo, al centro di controversie storiche e politiche, simboleggia le difficoltà di separare memoria storica, nazionalismo e pratica religiosa. La sua associazione con il passato militarista del Giappone solleva interrogativi su come la religione possa essere utilizzata come strumento di narrazione nazionale e di costruzione dell’identità collettiva (Okuyama, 2009; Pye, 2003).

Conclusioni aperte

Lo shūkyō, nella sua accezione giapponese, sfida le definizioni standardizzate di religione sviluppate in Occidente. La sua evoluzione storica e la sua interpretazione contemporanea mostrano come il Giappone abbia reinterpretato il concetto di religiosità per rispondere a cambiamenti globali e interni. Questo processo continua a evolversi, riflettendo sia l’eredità delle tradizioni spirituali giapponesi sia le nuove influenze della modernità e della globalizzazione.

Riferimenti bibliografici

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L'Autore

Federico Scotti

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Federico Scotti è filosofo, antropologo e maestro di Reiki tradizionale giapponese. Fondatore del Centro My Reiki, da oltre un decennio si dedica all’insegnamento e alla trasmissione del Reiki con un approccio etico, critico e riflessivo, attento alla storia e al contesto culturale della pratica. Con una solida formazione in filosofia e antropologia della salute, integra il pensiero critico con lo studio delle pratiche di guarigione non biomediche, approfondendo in particolare i temi dell’embodiment, dei paesaggi terapeutici e delle prospettive culturali e decoloniali del benessere. Autore di diversi libri sul Reiki, promuove una visione profonda e non dogmatica della disciplina, in dialogo con la ricerca antropologica e con le trasformazioni spirituali contemporanee. Ogni anno accompagna gruppi di praticanti in Giappone nei Reiki Tour, percorsi esperienziali e trasformativi nei luoghi legati alla storia di Usui Sensei. Nel suo insegnamento, integra la pratica con la consapevolezza critica: per lui, il Reiki è prima di tutto una forma di ascolto profondo e di relazione consapevole con il vivente, inteso non solo come corpo umano, ma come insieme di legami, emozioni, paesaggi e memorie. Una cura che non separa, ma connette.

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